Due giorni dedicati al gioco pubblico organizzati dall’Osservatorio Internazionale sul Gioco
Un evento completamente dedicato al gioco pubblico dal tema “Giocobyte: il gioco pubblico nell’evoluzione dal bussolotto alla fibra”. Il 26 e il 27 maggio scorso si è svolto presso l’Università di Salerno, nella sede di Fisciano, il convegno organizzato dall’Osservatorio Internazionale sul Gioco e guidato dalla professoressa Ornella De Rosa. Tanti gli interventi che si sono susseguiti, divisi in tre panel differenti.
Dopo l’apertura dei lavori, nel pomeriggio del 26 il prof. Donato Verrastro, dell’Università degli studi della Basilicata, ha moderato il panel con Stefano Sbordoni (avvocato esperto del settore e membro dell’Osservatorio Internazionale sul Gioco), Valerio Retico (pres. CdA Betpremium) e Nicoletta Pagliuca (Sunbet).
“Un esame meta disciplinare del tema del gioco permette a tutti di valutare quel tema secondo gli elementi che sono più congeniali – ha detto l’avv. Stefano Sbordoni -. In questo modo si porta ad uno sviluppo del tema del gioco, non ad un soffocamento. E sviluppo può avere tanti significati, non è detto che sia per forza l’allargamento del settore. Non possiamo ignorare il gioco, lo dobbiamo controllare per i suoi effetti devianti in alcune fattispecie, come quello patologico, ma non possiamo pensare di soffocare una cosa che c’era già nel 2000 avanti Cristo. Anche chi ha un’avversione per questo tema deve essere in grado di poterlo valutare sotto questa luce.In ambito meta disciplinare, lo sviluppo non è un incentivo, ma una necessità. Qualsiasi tema pubblico e privato viene sviluppato e lo si contestualizza nell’epoca in cui si vive. E’ impossibile non farlo per un tema che è permanente nell’umanità da epoche lontanissime. L’evoluzione tecnologica è talmente veloce che, in un’attività come il gioco che se ne serve ampiamente, non possiamo fare a meno di stare sulla normazione del settore né negarlo.
Contesto alcune posizioni, qualunque siano, pro o contro il gioco, che esistono senza avere alcun fondamento scientifico o normativo.Apriamo dibattiti pubblici, anche parlamentari, su conoscenze troppo superficiali. Gli operatori del gioco pubblico lavorano professionalmente, ma si trovano in situazioni di buio, dovute al fatto che oggi vorremmo e promuoviamo un’analisi meta disciplinare del settore del gioco, ma – ha concluso Sbordoni – non sta avvenendo, non è avvenuto e non avverrà nelle dovute sedi nella maniera in cui vorremmo”.
“Non è facile trovare ambienti dove si possa parlare di gioco senza preconcetti e pregiudizi – ha detto Valerio Retico, presidente del CdA di Betpremium -. E poterlo fare, ci fa molto piacere. Il gioco ha vissuto delle grandi fasi.La prima arriva fino agli anni ’90, dove il gioco esisteva ma non si vedeva. In quel periodo c’erano solo il Lotto, le scommesse sulle corse dei cavalli e ricordiamo il famoso film “Febbre da cavallo”, il Totocalcio. Il resto dei giochi esistevano ma erano illegali. Esistevano i videopoker: stime parlano di 500mila videopoker, macchine illegali sparse sul territorio italiano. Per un lungo periodo in Italia si preferiva non vedere tutto questo. La seconda fase del gioco inizia con i Mondiali di Francia ’98, il primo avvenimento in cui si può scommettere legalmente su partite di calcio. Da lì i Monopoli di Stato hanno fatto un enorme lavoro per portare alla luce e regolamentare una serie di giochi che esistevano ma non erano leciti. In questa fase le aziende di gioco hanno investito ed il mercato era in grande espansione. Entrarono colossi del gioco a livello mondiale. Nel 1998 c’erano solo 300 locali in tutta Italia in ci era possibile scommettere, con l’ultima gara del 2007 si arrivò a 15mila.La terza fase, quella che chiamo “del rigetto”, inizia perché alcuni settori della società iniziano a percepire i rischi, i pericoli derivanti da un’attività troppo diffusa come era il gioco. Inizia prima l’opinione pubblica, attraverso i media, poi la politica, con una fase di rigetto verso il settore del gioco. Chiaramente, al crescere dei numeri dell’industria erano iniziati inevitabili “effetti collaterali” ed i primi a vedere questi problemi sono state proprio le Regioni, i Comuni. Il gioco si è ritrovato in poco tempo a passare da industria che offre divertimento, gettito erariale, occupazione a problema. E gli Enti Locali hanno provato a risolvere per primi il problema della ludopatia. E lo hanno fatto attraverso misure normative sempre più restrittive che spesso quasi eliminano il gioco dal territorio.Il mercato è di fatto bloccato da almeno 5 anni. Da una parte lo Stato che dà le concessioni, autorizza, regola, dall’altra gli Enti Locali legiferano contro il gioco, con distanziometri, limiti orari e leggi mirate. Gli operatori legali si ritrovano danneggiati da questo atteggiamento, così come i consumatori che non hanno più la libertà di decidere come spendere i propri soldi o cosa fare per divertirsi.Gli operatori vivono la cosa peggiore per un’impresa, vale a dire l’incertezza. Nel nostro settore, siamo nell’incertezza praticamente da 10 anni. Non sappiamo se lo Stato ha preso una decisione: il gioco si può o non si può fare?Credo che il proibizionismo non funzioni e che si possa trovare un giusto equilibrio tra proibizionismo e regolazione. Naturalmente anche l’industria del gioco deve fare la sua parte, controllando anche i fenomeni di devianza. Oggi, complice anche la pandemia, il gioco online ha accelerato la propria espansione. Con le sale chiuse per diversi mesi, il settore dell’online ha supplito la domanda di gioco. Ed è un settore molto controllato e tracciato. E’ il gioco illegale che dovrebbe essere il vero nemico dello Stato. Nonostante i controlli, oggi in Italia ci sono tantissimi punti di gioco illegali e siti di gioco online senza licenza. Questo fenomeno dovrebbe riguardare tutti perché più lo Stato stringe la corda attorno al collo dei suoi “agenti”, i concessionari pubblici, più l’illegale prenderà piede. E lo abbiamo visto in questi due anni di pandemia. Un fiorire di offerta illegale perché le sale legali erano chiuse. Regole certe – ha concluso Retico -, semplici e condivise: è ciò che chiede il settore del gioco”.
“E’ necessario trovare un equilibrio tra l’emergenza costituzionale e quella sociale – ha detto Nicoletta Pagliuca di Sunbet -. La tutela della salute deve rimanere al centro dell’attenzione di tutti gli attori del mercato, ma senza scalfire altri principi fondamentali quali il diritto del lavoro e quelli di libera impresa. Negli ultimi anni, il contrasto al gioco ha fatto sì che le Regioni legiferassero norme assolutamente restrittive. Manca un quadro di riferimento comune e quindi gli Enti Locali hanno adottato misure che hanno limitato il gioco pubblico lecito. Misure come i limiti orari, l’esclusione delle aziende di gioco da contributi o finanziamenti o il distanziometro. Alcuni Comuni, come ad esempio quelli in Emilia Romagna, proprio nel rispetto della legge regionale, hanno mappato i luoghi sensibili con la retroattività. E l’effetto è il decentramento delle attività di gioco verso zone periferiche, misura con la quale il soggetto patologico usufruisce di un anonimato che di fatto preferisce. E’ quindi un tipo di limitazione che non ha senso. Bisogna agire nel rispetto di alcuni principi, quelli di legalità e di proporzionalità, che sono assolutamente inderogabili. E’ necessario che ci sia un intervento dello Stato che sia proporzionale ed una normativa omogenea. Un intervento importante è stato quello con il Decreto Balduzzi, nel quale la ludopatia è entrata nei Lea e sono state introdotte norme per tutelare i minori. Il divieto di pubblicità è stato riaffrontato con il Decreto Dignità ma abbiamo assistito ad un divieto generalizzato che rischia però di confondere l’utente che non riconosce gli operatori legali da quelli illegali. Occorre quindi agire nel rispetto della legalità e bisogna creare una normativa in cui tutti possano agire e coordinarsi. Gli effetti negativi – ha concluso Pagliuca – non sono solo la patologia ma anche il rischio di riciclaggio, le infiltrazioni della criminalità. E per combattere questi fenomeni, i concessionari fanno tantissimi controlli ed hanno molti strumenti”.
Intensa anche la seconda giornata di lavori, moderata dal Direttore di Agimeg, Fabio Felici e che ha visto la presenza di Emilio Zamparelli, vicepresidente del Sindacato Totoricevitori Sportivi e di Monica Petrosino, dirigente medico psichiatra ASL Salerno.
“Rappresento un sindacato che difende gli interessi dei tabaccai. Siamo la parte storica del settore. Nel 1946, quando partì il Totocalcio, veniva offerto proprio nelle tabaccherie”, ha dichiarato Emilio Zamparelli. “Il mercato del gioco – ha continuato il vicepresidente STS – lavora e dà possibilità di lavorare. Parliamo di circa 200mila occupati. Le nostre tabaccherie sono spesso imprese familiari, ma diamo lavoro anche a tanti dipendenti.
Il settore del gioco è sicuramente visto male dall’opinione pubblica e si parla spesso solo di gioco patologico. Non viene tenuto conto della parte sana del gioco, quella del divertimento. I primi a non volere che il gioco diventi una dipendenza siamo proprio noi operatori”.
Negli ultimi anni il mercato dei giochi si è evoluto e, soprattutto durante la pandemia, è andato sempre più verso l’online. Il moderatore del panel, Fabio Felici, ha evidenziato come si presenta oggi il gioco, con le problematiche che ha vissuto il comparto durante la chiusura dei lockdown, ma anche sottolineando l’importanza della rete, primo presidio contro l’illegalità.
“Il gioco rappresenta anche momenti di socializzazione e di costume – ha aggiunto Zamparelli -. Ricordo ad esempio quando qualche anno fa il SuperEnalotto rappresentava un momento di aggregazione, con il gioco di sistemi collettivi e paesi in festa quando si vinceva il “6”. Ed a queste feste partecipava anche chi non vinceva. Era un momento quindi di condivisione del piacere. Sicuramente la chiusura delle sale durante pandemia ha rappresentato l’avanzare del gioco online, ma il gioco fisico è tornato. L’online rappresenta una parte importante del mercato ed è anche un’integrazione della rete terrestre. Sono lo stesso settore, non sono divisi. La rete terrestre è importante e lo dimostrano anche i dati, soprattutto di alcuni giochi che vengono fatti quasi esclusivamente nei punti fisici. Allo stesso modo, alcuni giochi possono essere fatti solo online. Sono prodotti complementari.
Purtroppo però alcune leggi regionali, attraverso misure come il distanziometro, stanno di fatto eliminando il gioco legale. Ed il distanziometro, è stato dimostrato da tante ricerche, non serve. Ma eliminando il gioco legale – ha concluso Zamparelli – non si annulla la domanda, ma si dà spazio e si apre il mercato all’illegalità. E le stime parlano di un mercato di gioco illegale che vale ben 20 miliardi di euro”.
Ma per quanto riguarda le dipendenze, il problema è l’offerta, il prodotto, o la persona che ha una determinata patologia? “Sono d’accordo sul fatto che il proibizionismo non serve – ha risposto Monica Petrosino, dirigente medico psichiatra ASL Salerno – . Nei fondi che arrivano alla sanità per curare le dipendenze, ci dovrebbe essere una parte importante anche per la formazione dei cittadini. Non dobbiamo però guardare il gioco in maniera negativa perché stabilisce una relazione e quindi non si può demonizzare. Bisogna però diffondere questo concetto e fare quindi formazione”.