Il gioco pubblico tutelato è in grado di assicurare un miglioramento netto del benessere sociale
Il 67,7% della popolazione italiana maggiorenne, circa 31,3 milioni di persone, nel 2020 ha effettuato almeno una giocata. Tuttavia, anche a causa della pandemia che ha imposto la chiusura della rete fisica, si stimano circa 4,4 milioni di giocatori illegali, che rappresentano un universo complesso, all’interno del quale ricadono individui con diverse attitudini e inclinazioni, ma con caratteristiche sociodemografiche più definite. Sono, infatti, prevalentemente uomini (71%) mediamente più giovani del totale dei giocatori e risiedono di più nel Sud e Isole. E’ quanto è emerso nel corso della presentazione del Primo Rapporto di ricerca – Luiss Business School e Ipsos ‘Il gioco in Italia tra legalità e illegalità’.
A differenza di quanto si possa erroneamente pensare, il giocatore illegale non è un soggetto ai margini della società – evidenzia il Report – bensì è una persona integrata nel tessuto sociale che ha un’occupazione (72%) ed un tenore sopra la media (14%). Il giudizio sul gioco illegale denota una certa indulgenza da parte di molti giocatori: solo 2 italiani su 3 ritengono che si possano avere problemi con la legge, percentuale che scende a 1 su 2 tra i giocatori illegali. Ma la tolleranza rispetto ai comportamenti illegali sembra essere in contrasto col percepito generale del gioco illegale, che è considerato un problema serio dall’86% degli italiani e persino dal 69% dei giocatori illegali.
Dal rapporto emerge che negli ultimi 12 mesi, dei 31,3 milioni di individui (di età compresa tra 18 e 80 anni ndr) che hanno effettuato una giocata, il 41,7% (19,3 milioni di giocatori) lo ha fatto esclusivamente off-line, dunque in un punto fisico, mentre il 3,2% esclusivamente online, circa 1,5 milioni di persone. Il 22,8% (10,5 milioni) ha invece alternato il canale fisico con quello via internet. I giocatori illegali (4,4 milioni, il 9,5% del totale dei giocatori italiani) che hanno praticato il gioco in modalità off-line sono circa il 64,5% (3,2 milioni) contro il 26% di chi gioca su siti illegali (1,7 milioni).
Tra le curiosità si evidenzia come, a differenza del giocatore ‘tipo’, quello illegale è più colto, legge più libri, visita più mostre e musei, fa parte di associazioni culturali, compie donazioni. Inoltre, sfatando un luogo comune, il Report rende noto che il giocatore illegale non gioca per vincere denaro (come invece fa il giocare tipo), ma per svago ed intrattenimento. Ma quale è la percezione del gioco illegale nel nostro Paese? La percezione è diffusa, ma si ritiene sia bassa la probabilità di essere scoperti. Inoltre, chi pratica il gioco illegale riconosce maggiormente l’impatto negativo sulle entrate erariali, che potrebbero in parte essere devolute a scopi sociali e benefici, ma ne sottostima le conseguenze criminali. Il Logo di ADM, presente sui siti legali su cui poter giocare in sicurezza, è una bussola per i giocatori via internet legali, ma non per chi punta online in modo illegale, per i quali, secondo lo studio, è minore la conoscenza del logo dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Il Report ricorda come negli ultimi anni vi è stata una crescita progressiva di un sentiment anti-gambling/gaming, frutto di una percezione negativa di parte dell’opinione pubblica. Tale posizione, rafforzata talvolta da vicende di cronaca giudiziaria, ha determinato una graduale presa di distanza da parte della politica, nonostante l’oggettiva rilevanza del comparto in termini di gettito fiscale e di contributo al PIL nazionale. Questa presa di distanza non tiene conto dei numerosi benefici del gambling/gaming – quali, ad esempio, la crescita dei profitti delle imprese, l’aumento degli investimenti del settore, l’incremento del benessere dei consumatori – e non considera le esternalità positive del settore, in termini di contributo al reddito nazionale, all’occupazione ed alle entrate fiscali, così come in termini di vantaggio della regolamentazione e del controllo delle attività del settore.
Da un punto di vista economico, evidenzia il Report, si devono distinguere gli effetti diretti dei giochi in denaro da quelli indiretti. Gli effetti diretti riguardano il valore aggiunto, i livelli occupazionali, gli investimenti, la spesa dei consumatori, il gettito derivante dalle accise e dalle imposte del settore, nonché i benefici per i consumatori. Gli effetti indiretti, invece, si riferiscono all’indotto e quindi al reddito, ai posti di lavoro ed al gettito fiscale inerenti alla filiera delle attività produttive associate al settore del gioco. Il gioco può produrre spillover, influenzando così direttamente o indirettamente i prezzi di mercato, la domanda e l’offerta di beni e servizi. Quando i prezzi non vengono direttamente influenzati dalle scelte degli agenti, si generano le “esternalità”, che determinano inefficienze di carattere allocativo; queste possono essere corrette grazie alla regolamentazione.
Gli effetti sociali del gioco d’azzardo riguardano le condizioni di lavoro, la salute e il benessere. Esiste un gioco in denaro positivo e uno problematico. Il gioco in denaro positivo è tenuto facilmente sotto controllo dalle autorità; in questo caso il giocatore non ha un legame di dipendenza dal gioco. Nel gioco in denaro problematico, il giocatore è dipendente dal gioco. La proporzione di giocatori che mostrano segni di comportamento problematico è molto bassa. Inoltre, come mostrato da una abbondante letteratura medica, il gioco problematico nella forma patologica si associa molto frequentemente alla dipendenza da altre sostanze o/e ad altre patologie.
Nel 2020, evidenzia il Report, la spesa complessiva nel nostro Paese ha mostrato una flessione del 34% circa rispetto al 2019, passando da 19,4 a 12,8 miliardi di euro. A questo calo si è accompagnato nello stesso anno un decremento, ancora più vistoso, del gettito erariale, da 11,4 miliardi a 6,7 miliardi di euro. Nel 2020 il gettito erariale da gioco ha inoltre registrato la più bassa contribuzione (3,4 miliardi) alle entrate tributarie dal 2006, sia in termini assoluti sia relativamente alle altre tipologie di entrate. La pandemia ha influito sulla composizione e sull’importanza relativa del canale fisico e di quello online. La componente telematica del gioco ha storicamente rappresentato una piccola percentuale della spesa totale (il 9.53% nel 2019), ma nel 2020 ha raggiunto il 20.64% della spesa totale.
Nelle conclusioni del dettagliatissimo report sul gioco in Italia, la Luiss Business School sottolinea che “il gioco pubblico tutelato, rispettoso della legalità, attraverso il quale il giocatore possa divertirsi mantenendo con esso un rapporto equilibrato, è in grado di assicurare un miglioramento netto del benessere sociale. Per questo motivo non dovrebbe essere penalizzato, perché risponde ad una legittima domanda di divertimento da parte di una quota rilevante della popolazione. Rimane tuttavia centrale l’esigenza di una solida regolamentazione del settore dei giochi, in grado di combattere il gioco illegale e ridurne i relativi costi economici e sociali, senza penalizzare le attività lecite. A tal fine, l’espansione delle opportunità legali di gioco può condurre ad una diminuzione sostanziale del gioco illegale. Il contrasto alle attività di gioco illegali deve quindi basarsi su una strategia multivariate, in grado di abbinare strumenti repressivi, telematici, informativi e culturali, anche per favorire la riduzione del gioco illegale inconsapevole”.